Albin Egger-Lienz (1868–1926)
Pubblicato in: Carl Kraus: Zwischen den Zeiten. Malerei und Graphik in Tirol 1918–1945, Bolzano-Lana 1999
“Der Sämann – Das Ackerland – Der Mäher” (Il seminatore – Il terreno – Il falciatore), 3 disegni del trittico “Erde” (Terra), 1912 (Kirschl Z 331-333; Bozner Kunstauktionen 33, 26.5.2018, n. 359).
Dopo le Donne della guerra il pittore torna ad attenuare anche nelle composizioni monumentali la deformazione espressiva su cui aveva tanto insistito, e approda al grande stile contemplativo delle “immagini mentali”: da Generazioni a Madri, da Resurrezione a Pietà, straordinario punto finale. Quasi citando la somma delle opere finora create nella sua vita, ora espressione e aderenza alla realtà, staticità e movimento, modellatura plastico-spaziale e luminarismo pittorico si fondono in una nuova unità. Tutti gli elementi voluti e cercati, stereotipati e di grande effetto che caratterizzano i suoi lavori durante la fase intermedia, si trasformano acquistando la massima naturalezza.
La convinzione di Egger, che tutti i mezzi creativi sottostiano a una “grande materia”, in queste “immagini di raccoglimento situazionale”– per usare le sue parole – acquista una nuova profondità. Immerse nella loro esistenza segnata dalla sorte, le figure appaiono distaccate, come se non appartenessero più a questo mondo, specchio dell’essenza contadina pregna di sensibilità religiosa e dell’interiorizzazione raggiunta dal pittore: “La religiosità nella sua accezione più rigorosa indirizza la sensibilità per gli ordinamenti cosmopolitici e come tali esistenti verso una certa introversione sovrannaturale. Ecco perché all’uomo di mondo la figura del montanaro appare schiva, ed è immancabilmente considerata diffidente, riservata o addirittura limitata!”
Egger, la cui inflessibilità impedì più volte che ottenesse una cattedra all’Accademia di Vienna, nelle sue opere tarde si allontanò molto dai gusti comuni del pubblico. L’Auferstandene (Cristo risorto) nella Cappella commemorativa dei Caduti in guerra a Lienz scatenò aspre polemiche che, come accennato, culminarono nel 1926 con l’interdetto. Non meno controversa era stata, due anni prima, la sua personale al Kunstsalon Unterberger a Innsbruck – la prima presentazione completa svoltasi qui dalla mostra storica del 1909. Scrive un recensore di Innsbruck: “Nella sua attuale esposizione, egli mostra un Cristo che si potrebbe definire più una figura blasfema che un’immagine ispiratrice; nelle Donne della guerra, una donna al telaio con la mano alzata, in modo che chi contempla il quadro deve immaginare da sé la rocca, sullo sfondo delle panche addossate alla parete dipinta in modo semplice, in gran parte mal disegnate; così la maggior parte delle altre immagini, dai colori e dallo stile del tutto schematici in cui l’unica nota di variazione è costituita da membra distorte, ossature grossolane e deformi mal delineate che suscitano stupore ma risultano più che altro sconcertanti, terrificanti e repellenti […].”
Con la morte di Egger, nel novembre 1926, il Tirolo perde una personalità artistica centrale. Nessuno degli altri pittori suoi contemporanei era riuscito più di lui a raggiungere il punto in cui l’artista scompare del tutto dietro la sua opera. Nel panorama artistico tirolese, una figura di primo piano è da considerarsi tutt’al più Artur Nikodem, ammirato soprattutto in Germania. Egger è però più spesso paragonato a Friedrich Hell. Secondo Max Weiler quest’ultimo è come “una montagna”, come Egger-Lienz: non facile da raggiungere, ma dalla straordinaria forza evocativa.
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